23 aprile 2008

Il peso dell'altro

Ieri sera molti degli interventi all'assemblea annuale di EmmauS, nel corso di una serata molto bella, ricca di calore e di condivisione, vertevano sulla necessità della continuità del servizio in presenza di situazioni che possono durare anche molti anni. Sono rimasta molto impressionata dai dati: più di un terzo delle persone prese in carico sono giovani e sono stati registrati sul nostro territorio, nel corso del 2007, ben 500 casi di sclerosi multipla in età adolescenziale. Parlando poi con Daniela, le ho espresso il desiderio di svolgere un servizio vicino a casa, per poter dare un aiuto più consistente e quotidiano alle famiglie che hanno un ammalato in casa, ma le ho anche detto che questo non lo posso fare, perché tutte le volte che, conversando con la persona da cui vado ormai da tanti anni, parlo di una qualunque attività al di fuori di questo servizio, lei mi interrompe subito dicendo: “Fai quello che vuoi, basta che continui a venire qui”. In altri tempi, quando c’era una situazione che, in qualche modo, mi limitava e mi impediva di fare altre esperienze, ero solita definirla un peso. E’ questo anche un certo modo di parlare molto frequente: E’ diventato un peso per la sua famiglia” “Non voglio essere di peso ai figli” e a questo termine si è soliti dare un significato negativo. Ma è in questo momento, quando sentiamo appunto il peso dell’altro, che comprendiamo che questa persona conta davvero per noi, ha un peso nella nostra vita, ma un peso che ha anche un valore, che è anche ricchezza. Non a caso nella bibbia il verbo greco tradotto in italiano con prendere con sé, riferito al discepolo che prende nella sua casa la madre di Gesù, che gli era stata affidata da lui sulla croce, (Gv 19, 27) o a Giuseppe, che prende sua moglie con sé (Mt 1, 24), ha la radice della parola peso. Cristina

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