2 maggio 2008

Le due felicità

Un amico mi ha regalato un piccolo libro Guida alla felicità minore dove l’autrice elenca con una certa sequenza cronologica gli attimi della sua vita che le hanno donato felicità, una felicità minore che alcuni sostengono essere l’unica felicità possibile. Saper godere delle piccole gioie che rendono meno triste la vita è certamente segno di grande saggezza, ma penso anche che in molti di noi si sia insinuato, a un certo punto, il desiderio di una felicità maggiore, che invece durasse più a lungo. Ho seguito questa estate un ciclo di lezioni bibliche sul Libro di Rut, tenute da una docente di ebraico antico, e sono rimasta molto colpita quando, parlando di Booz che riconosce il diritto di riscatto di un altro su Rut (non anteponendo quindi alla legge la sua felicità personale), ci ha spiegato che la felicità nella bibbia non ha il significato edonistico che ha per noi, ma è la ricerca del bene in ogni situazione della vita. Questo concetto è come se io l’avessi avuto dentro da sempre, ma senza saperlo riconoscere, probabilmente perché non ne avevo fatto esperienza. Mi viene in mente in questo momento una persona, che poi per altre cose ho deluso molto, che mi raccomandava sempre di non fare il volontariato, che è ancora un po’ fare quello che voglio io, ma di passare invece al servizio, cioè quello che scaturisce dal bisogno e non dalla mia disponibilità. Penso che questa possa essere proprio una di quelle situazioni in cui uno possa sperimentare questa felicità maggiore, che non si riesce ad esprimere bene con un concetto, ma che la può conoscere soltanto chi ne fa l’esperienza. Cristina

5 commenti:

Gianpietro ha detto...

Credo che coniugare il bisogno con la disponibilità fino a trovare un punto di equilibrio soddisfacente, sia il compito precipuo della nostra associazione. Come individui restiamo poi unici arbitri di noi stessi, datori o prenditori secondo la misura della quale possiamo colmare o essere colmati in questo preciso istante, ma che nell'istante successivo può inaridirsi, come esplodere in nuovi germogli. Arenarsi su una spiaggia pensando che sia l'ultima vuol dire fossilizzarsi trascurando la possibilità che esistano in noi potenzialità inesplorate. Misurarsi con il servizio significa tuttavia avere l'umiltà di farsi guidare e se si pensa di essere pronti ad offrire qualcosa d'altro, mettiamolo pure sul piatto e certamente qualcuno si servirà. Altra cosa mi sembra il discorso di Rut e Booz. Si sceglie sempre ciò che si ritiene sia meglio per se stessi (non lo fa anche il suicida?) e se nella scala di valori Booz pone la legge avanti al proprio bene (e per molti anche davanti alla giustizia ed alla verità) questa resta una sua scelta, non necessariamente, o almeno non sempre, condivisibile (anche i criminali nazisti se ne avvalevano). In definitiva mi sento di dirti che non devi crucciarti, ma lodare il Signore per quello che ti è concesso di fare, lavorando per migliorarti, certo, ma con la contentezza di chi è convinto della bontà delle scelte fatte.
Gianpietro

Cristina ha detto...

Il mio discorso vedeva la contrapposizione che ci può essere a volte tra il bene in una situazione, bene che si suppone sia secondo Dio (nel mondo antico la legge veniva da Dio secondo il Levitico) e invece quello che chiami il meglio per se stessi e non la loro equazione.
Di qui la considerazione che il non cedere subito a una nostra gratificazione immediata, ma asservire la nostra volontà a un bene più alto, possa forse procurare una gioia più piena.

Gianpietro ha detto...

... purchè il "bene più alto" corrisponda ad un nostro effettivo sentire. Rappresenti cioè una scelta consapevole, la logica conseguenza di una verità fatta nostra e non solo il frutto di una fede indotta dalla dottrina, dalla consuetudine o dal rispetto acritico verso l'autorità (qualunque forma essa assuma).
Gianpietro

Elena ha detto...

Vorrei poter parlare con la persona che ti suggeriva di passare dal volontariato al servizio per raccontarle di quanti volontari ho visto fare un servizio portando la propria capacità di modificarsi e adattarsi a seconda delle esigenze e dei bisogni dell'altro. Molte volte ci viene fatta una richiesta, troviamo il volontario che ci sembra adatto e poi scopriamo che la relazione che si è instaurata tra i due ha modificato sia la richiesta stessa che l'offerta. Nessuno dei due fa quello che vuole, ma detta legge il nuovo rapporto che si è creato.

Cristina ha detto...

L'intenzione di questa persona era quella di stimolare un atteggiamento all'interno del 'volontariato', che è appunto quello che hai riscontrato nelle persone che dici, ma non è di tutti. Non era una critica al concetto di volontariato. Era il suggerimento a compiere il passo successivo.
Cristina