20 agosto 2008

Il perdono

La persona da cui vado per il servizio EmmauS è ammalata da molti anni, ma i medici non hanno mai fatto una diagnosi precisa della sua malattia. Un tempo, pensavo che la medicina fosse una scienza esatta, ma poi ho scoperto che, spesso, si procede per tentativi e, a volte, anche esperimenti. I medici sono esseri umani, hanno dei limiti, e questo deve essere accettato. Se non lo si accetta, la mente del malato vaga per cercare delle cause, delle ragioni e, non trovandole, a volte crea rapporti misteriosi con il proprio male. Questa signora, da cui vado, mi ha parlato diverse volte di situazioni e persone che le hanno provocato malessere e, di conseguenza, uno squilibrio fisico, causa della sua invalidità. Per i sostenitori della medicina psicosomatica, questo discorso non si può escludere: resta comunque il fatto che, anche ammettendolo, produce solo rabbia e frustrazione. La rabbia, anche se a volte ci può persino sembrare una ragione di vita, nella realtà, ci allontana sempre più dal nostro centro interiore, unica fonte di serenità ed equilibrio. L'alternativa è il perdono, la riconciliazione con chi ci ha fatto del male, ma anche con noi stessi; perché il perdono non è mai unilaterale, ma ha sempre questa ambivalenza: da una parte, la chiarezza sui nostri errori, dall'altra, la comprensione per le debolezze altrui. Cristina

1 commento:

Gianpietro ha detto...

"Il nostro centro interiore, unica fonte di serenità ed equilibrio".
Sono anch'io, razionalmente ed emotivamente, convinto che questa sia la strada giusta. A volte ho creduto di percorrerla. C'è stato un tempo (tra gli anni '80 e '90) nel quale ho vissuto significative esperienze di ricerca interiore, ed ho molti scritti, anche belli, che lo testimoniano. Ma questo non mi ha impedito di citare in giudizio una équipe chirurgica che ritengo abbia gravemente e colpevolmente danneggiato mio figlio, nè di allontanarmi, consapevolmente, da quella che sapevo essere la strada giusta. Oggi non credo che riuscirò più a riconciliarmi con me stesso (per avermi tradito) e meno ancora con gli altri (per non saperli accettare). Gianpietro