15 agosto 2008

Il tempo

Tra le tante cose che il servizio ci insegna, c'è il buon impiego del tempo. Per chi, durante la settimana, lavora, quelle domeniche, dedicate al servizio, vogliono dire tempo sottratto al riposo, alla famiglia, ai fine settimana al mare e in montagna, agli amici: tutte cose che sarebbe impensabile sacrificare in modo definitivo. Abbiamo dovuto, allora, ridimensionare le nostre attività e, alla fine, abbiamo scoperto che la vita può essere anche più armoniosa e ci può essere spazio per tutto, se lo vogliamo: nel lavoro, per esempio, otto ore, lavorate con efficienza, possono essere anche più produttive delle tredici (a volte anche quindici) ore di un tempo; e uscire dal lavoro alle cinque del pomeriggio, invece delle otto o dieci di sera, cambia davvero la vita. Il servizio ci ha anche insegnato a ridurre l'ansia e l'affanno di fare più cose nello stesso tempo: i malati ci chiedono che quel tempo venga dedicato soltanto a loro e, così, abbiamo imparato a fare una cosa sola alla volta. In uno dei suoi mattutini su "Avvenire", Gianfranco Ravasi riporta una delle tante considerazioni sull'uso del tempo che Jean La Bruyère, scrittore moralista del '600, offre nei suoi "Caratteri". Si potrebbe trascrivere con un'esperienza che tutti fanno: quando si ha un favore da chiedere a un altro, non bisogna mai andare da chi ha poco da fare, perché ti dirà sempre che è troppo preso e occupato. Va', invece, dalla persona dalle mille attività e vedrai che ritaglierà il tempo per aiutarti. E questo non sempre perché il primo è pigro, quanto piuttosto perché "impiega male il tempo" e, quindi, pur avendo davanti a sé un arco di giorni ampio, si lamenterà sempre che "il tempo passa troppo in fretta". Cristina

1 commento:

Gianpietro ha detto...

Il tempo esiste solo nella percezione che si avverte nel passaggio da un passato (l'unità di misura resta individuale) immutabile ed un futuro imprevedibile. La sfida consiste nel decidere che si può impostare quel futuro come se disponessimo della facoltà di controllarlo in autonomia. Nascono così le scelte sul "come impiegare il tempo". Quelle stesse scelte che l'ospite inquietante (il nichilismo alla Galimberti) nega invece a molti giovani d'oggi. Quando mi sono posto in quest'ottica ho optato per scelte drastiche (le 15 ore giornaliere monopolizzate da un'unica attività). Principalmente (ma non solo) il lavoro, perchè più consono al mio sentire o perchè ritenuto più gratificante o, forse, perchè imposto dalle consuetudini. Oggi sono più selettivo e nel contempo più disponibile. Riesco persino a dire dei no. Ed è una gran cosa. Gianpietro