13 ottobre 2008

Il linguaggio camaleontico

Entrando in casa, sento mio fratello che parla a voce molto alta, scandendo bene tutte le sillabe: è il suo modo di comunicare con le persone molto anziane, incurante del fatto che mia madre abbia un apparecchio acustico, e sia perfettamente in grado di seguire qualunque tipo di conversazione. Lui e la moglie hanno avuto una discendenza molto prolifica e, di conseguenza, in casa loro, c’è sempre qualche bambino che incomincia a parlare: loro ne imitano le voci, emettendo dei suoni ridicoli e incomprensibili, per i quali, in presenza di estranei, io e mia madre ci vergogniamo sempre molto. Per lavoro, mio fratello tiene talvolta delle conferenze stampa in due lingue, e in queste circostanze usa un terzo lessico, completamente diverso dai primi due. Purtroppo, non è il solo ad usare questo linguaggio camaleontico per comunicare. Da una stessa associazione, ricevo in regalo due periodici: una rivista molto bella, con la copertina patinata, articoli scritti con un linguaggio tecnico e professionale, che si vende nelle librerie e viene inviata, in abbonamento, a lettori selezionati, e un giornalino molto modesto, i cui articoli sono scritti usando un linguaggio zuccheroso, che si suppone piaccia molto ai volontari, ai quali è rivolto. Per me il linguaggio deve essere uno solo, e prendere come base la capacità di comprensione di un ragazzo di dodici anni, che frequenti la scuola media. Non credo esista argomento che non possa essere trattato usando un linguaggio semplice, comprensibile a tutti. Cristina

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