3 novembre 2008

Memorie

Quest’anno, per la prima volta, mi sono dedicata alla cura delle tombe di famiglia, occupazione che finora era stata di mia madre. E’ stata l’occasione per una piccola ricerca sulle mie radici, in quanto le mie conoscenze non andavano oltre la generazione dei nonni, che ho conosciuto. Questa cosa ha stimolato anche la mia curiosità di conoscere meglio le persone che ho incontrato negli ultimi anni, per il servizio che svolgo, soprattutto all’hospice, e che sono morte. Alcune di queste ci hanno lasciato delle memorie: diari, quadri, sculture, album fotografici, libri della loro biblioteca, che recano ancora la dedica affettuosa di qualcuno. Sabato pomeriggio, mi sono messa a leggere un diario, pubblicato da una piccola e sconosciuta casa editrice, dove una signora, che è stata ospite di questa casa, scriveva della sua vita difficile, di emigrante in Svizzera, alla fine della guerra, poi delle sue battaglie politiche, e dei suoi viaggi. Ho riflettuto sul fatto che, piuttosto spesso, quando incontriamo, per la prima volta, persone ammalate, tendiamo ad identificarle con la loro malattia, considerandole un gruppo omogeneo. Parlando, diciamo: gli "oncologici", i "depressi", gli "psichici", ma tutti questi ammalati hanno alle spalle storie molto diverse tra loro e, talvolta, anche culture, che sarebbe interessante conoscere: la loro esperienza di vita è un dono che ci fanno, anche a nome di quelli che non hanno voce per farlo. Cristina

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