24 dicembre 2008

il taschino sul cuore

Da una persona, cui tengo molto, ho ricevuto in regalo un libro. Lo leggerò. Non so se mi piacerà, ma non sarà importante. Il vero regalo è la dedica, che prendo a prestito per farne il mio augurio a tutti voi.
“Non smetterò mai di pensare e di sentire che siamo persone meravigliose. Tutti. Sono gli abiti che indossiamo, gli ‘straccetti’ cuciti su misura da noi e per noi che ci ingannano oscurando la luce che siamo. Siamo nati per essere felici, ma ci comportiamo come se mirassimo al risultato opposto. È come se cercassimo la felicità nelle tasche dei pantaloni o in quelle esterne del nostro cappotto. Lì troviamo solo superficialità ed inganno materiale. È dal taschino interno, quello che si appoggia sul cuore, che dobbiamo togliere il telefonino ed al suo posto mettere un biglietto con su scritto – qui sta la mia felicità: qui sotto, qui dentro. – Con l’abitudine del gesto pian piano ci ricorderemo chi siamo e chi torneremo ad essere. Ho voglia di riascoltare le cose buone che indica il cuore. Questo è anche il mio augurio per te.”
Grazie, Gianpietro

2 commenti:

Gianpietro ha detto...

Non ha rilevanza alcuna che questa sia l'ultima sera dell'anno. Quello che provo, e che cerco qui di esprimere, mi descriverebbe anche nella routine di ogni giorno. Il tempo dei bilanci è passato da un pezzo e ciò che andava detto sta scritto a darmi testimonianza. Non leggere oltre, se non vuoi, ma non dire che cerco compassione, non la merito e non saprei che farmene. Senza ricorrere allo psicologo, cinque negazioni consecutive in un solo breve periodo la dicono lunga sul come mi sento. Parafrasando un libro di successo vorrei poter dire che vivo la solitudine di un numero primo, unico e indivisibile. Diverso da quelli che lo circondano, sempre pronti a scomporsi in replicanti su scala ridotta. Mi piace pensarlo, ma so che sarebbe finzione. Se mi sono stati dati dei talenti, e forse ne possedevo qualcuno, non li ho saputi far fruttare. Ho preferito lasciare nascosta la perla anche quando ho avuto l'occasione giusta per andarla a cercare. Ed ora rimpiango quei giorni. Sento di avere mancato il bersaglio e che non è più il tempo per nuove gare. Dovrei lasciarmi spegnere eppure mi ostino a fingere che tutto mi sia permesso, che intorno abbia un deserto aperto in ogni direzione. Vivo come se non sapessi che ci sono decisioni da prendere e poco tempo per farlo, sempre che vi sia ancora qualcosa che meriti di essere salvato. L’ignavia, mia fedele compagna, tante volte riconosciuta e mai del tutto allontanata, mi rinfaccia ogni giorno i patetici tentativi di tardiva riscossa. Ciò che mi rende bello agli occhi della gente e li induce a mettermi su un piedistallo, non è altro che il riflesso delle tante maschere che possiedo. Non doppia personalità, sarebbero pur sempre due manifestazioni, ma un niente che si mostra per quello che non è. Sta per iniziare un nuovo anno; Gianpietro ha fatto gli auguri e Gianpietro lo manda a farsi fottere.

Cristina ha detto...

Tra i messaggi che ho ricevuto questa notte con gli auguri tutti più o meno uguali, uno mi ha colpito, perché mi augurava un tempo pieno di amore e di compassione e, leggendo il tuo commento, ritrovo questa parola. Che strana coincidenza. Ci devo riflettere, ma penso che nel profondo gli esseri umani siano davvero molto più simili di quello che appare e che, in fondo, il senso dell'esistenza stia proprio in questo patire insieme, e l'antidoto sia sempre questa parola così retorica, amore, volere bene a tutti, proprio a tutti e portare tutti nel proprio cuore. Cristina