25 luglio 2009

La scelta

Io penso che l’esperienza che stiamo facendo noi volontari, che abbiamo scelto il servizio agli ammalati gravi e oncologici, non ci toglierà nemmeno un minuto di dolore, quando la malattia toccherà a noi o a qualcuno della nostra famiglia, perché questa è un’esperienza personale, unica e diversa per ognuno. Quello che invece ci renderà diversi, almeno da quelli che non hanno mai messo in conto, nella loro vita, la malattia, sarà questo: che noi avremo già avuto l’opportunità di riflettere sul modo in cui vogliamo affrontare la malattia e la morte. Oggi si parla molto di autodeterminazione, ma questa parola non mi piace tanto, perché richiama un concetto di anarchia, che non rientra molto in quello che potrebbe, con maggior precisione, essere invece chiamato il riconoscimento della possibilità dell’individuo di fare una scelta. Questo diritto fondamentale dell’uomo è stato riconosciuto dalla filosofia e dalla politica, alcune centinaia di anni fa, almeno a partire dall’illuminismo e dalla rivoluzione francese, ma in medicina non ha più di quarant’anni, perché s’incominciò a parlare di bioetica soltanto nel 1971, e molti oggi si chiedono del perché di questo ritardo. Circa mezzo secolo fa, alla mia nonna paterna, ormai ottantenne, venne diagnosticato un tumore, parola che allora non si poteva nemmeno pronunciare e, se proprio non si poteva farne a meno, si arrivava a chiamarlo “brutto male”, ma sempre abbassando la voce, perché nessuno, tantomeno l’ammalato, doveva sapere. Nessuna delle decisioni che questa malattia rendeva necessario prendere - se operare o no, se restare in ospedale o andare a morire a casa - venne presa dalla nonna: per lei decisero gli altri, e non essendo la mia famiglia molto competente in materia, le presero i medici, perché erano quelli che avevano studiato. Oggi, che a mia madre è stato diagnosticato un tumore, pur avendo dieci anni di più della nonna allora, ogni decisione sul modo di affrontare la malattia è stata concordata tra lei e il medico: il parere del medico, che consigliava l’intervento chirurgico, è stato ascoltato, valutato con il resto della famiglia e, infine , insieme ad ogni altra cura intensiva, con molta serenità, da lei rifiutato. Cristina

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