20 gennaio 2012

Sotto la presa dell'amore

Nella malattia o accanto alla malattia, ci può capitare di vivere nello spazio angusto di una stanza di ospedale o di un ospizio, termine che l’evoluzione linguistica ha reso meno inquietante con parole come “centro residenziale” oppure “struttura”; resta il fatto, comunque, che in quegli spazi ristretti possiamo sentire un senso di angoscia e di oppressione. Un limite questo che solo gli innamorati sembrano non conoscere. Negli anni ’60, Gino Paoli cantava “Il cielo in una stanza” e diceva che quando lei era vicino a lui quella stanza non aveva più le pareti, ma solo alberi infiniti, e il soffitto non esisteva più e al suo posto vedeva, in alto, il cielo. Un altro innamorato, questa volta però di Dio, il mistico Carlo Carretto, scriveva: "Avevo fatto del treno il "luogo " della mia preghiera. Facevo il pendolare per motivi di lavoro e tu sai cos'è un vagone ferroviario che parte e arriva in città, al mattino e alla sera, stracarico di operai e studenti. Chiasso, risate, fumo, trambusto, pigia-pigia. Io mi sedevo in un angolo e non sentivo nulla. Leggevo il Vangelo. Chiudevo gli occhi. Ascoltavo Dio. Che dolcezza, che pace, che silenzio! La potenza dell’amore superava la dispersione che cercava di penetrare nella mia fortezza […] Ero veramente uno con me stesso e nulla mi poteva distrarre. Sotto la presa dell'amore ero in pace. Sì, doveva essere proprio l'amore a creare unità in me. Difatti gli innamorati che si trovano sul treno bisbigliavano tra di loro in perfetta armonia, senza preoccuparsi di ciò che capitava attorno. Io bisbigliavo col mio Dio." Cristina

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